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Pasqua 2021.
Fortunatamente, ho avuto modo di passare la Pasqua con la mia famiglia. Una bella giornata di sole, anche se fresca e ventosa.
La casa di mio nonno si trova nelle colline del Chianti, vicino a Montespertoli. É una bella casa circondata dai vigneti, in pieno stile toscano.
Dopo un (abbondante e buon) pranzo pasquale con tanto di colomba e uova di cioccolato, ci siamo immersi in una camminata digestiva nei dintorni.
Così, prendendo sottobraccio i più anziani e i piu lenti (le due categorie non sono necessariamente correlate), ci siamo immersi in storici vigneti e qualche uliveto.
Il terreno argilloso, cosi arido, calpestato, secco e frammentato ha un che di simbolico, di affascinante ma anche rammaricante (specie se siamo ad aprile e non ad agosto e non c’é un filo d’acqua).
I filari da lontano disegnano lunghe linee che geometrizzano il paesaggio e suggeriscono una parola: Toscana.
Intorno a noi é difficile trovare un’area non gestita e coltivata, la cosa mi rattrista un po’ perché io sono dalla parte dello spontaneo, ma le sensazioni camminando in questo paesaggio sono molto particolari.
Penso agli anni di produzione, alle famiglie che si sono sostenute, ai coltivatori, al lavoro, alla tradizione.
I pensieri poi si dilungano e si contrastano, ma non era di questo che volevo parlare.
Ad un certo punto, arrivati in un vigneto più alto, abbiamo notato un pattern di leguminose con fiorellini bianche che crescevano tra i filari in modo alternato.
Non avevo mai fatto caso al fatto che in questi vigneti in cui sono sempre stata, facessero uso della tecnica del sovescio.
La tecnica del sovescio consiste nella coltura di una specie erbacea destinata all’interramento.
Spesso si semina in autunno, un filare sì e uno no in modo da lasciare libero un filare per effettuare le potature del vigneto.
L’operazione di sotterramento invece, viene fatta nel momento della fioritura, quando le piante sono piu ricche di azoto.
Questa tecnica é utilizzata in agricoltura biologica, sopratutto in ambienti con suolo povero di sostanza organica e molto sfruttati.
Nella maggior parte dei casi, per questo scopo si utilizzano le leguminose, ma a seconda dell’obiettivo della coltura possono essere utilizzate anche altre famiglie di piante.
Questa tecnica trae profitto dalle leguminose che sono in grado di fissare l’azoto dell’aria. Impressionante pensare che in un ettaro coltivato a leguminose, verrà fissata una quantità di azoto pari a quella prodotta da trenta tonnellate di concime animale circa.
In alcuni casi, oltre che al miglioramento della porosità, dei nutrienti del terreno e della biodiversità, queste hanno la funzione di raccolto per foraggio per gli animali.
In questo caso, tra i filari cresceva la Vicia faba var. minor (anche detta favino da sovescio), una leguminosa ottima per l’azoto fissazione e che cresce bene in zone difficili grazie alle sue radici fittonanti.
Insomma, anche le piante si aiutano a vicenda!
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